Torre di Riccia

"A Ricce"

Di grande memoria collettiva i testi realizzati per le canzoni popolari musicate da artisti locali del tempo, che ancora oggi, a distanza di anni, vengono intonati dalla popolazione riccese come una sorta di inno cittadino come la celebre canzone "A Ricce".

Michele Cima

Michele Cima nasce a Riccia il 7 febbraio del 1884, compie gli studi superiori nel Ginnasio Magistrale di Nicastro, per entrare nell’Accademia militare di Modena. Diviene insegnante elementare ma viene richiamato alle armi per la Grande Guerra durante la quale viene fatto prigioniero in Ungheria. Viene anche decorato al valor militare.
La prima raccolta di poesie del Cima è “Trascurze d’anemale”, del 1927 con la quale si pone già all’attenzione della critica che vede subito nell’opera un “poeta naturale” che riesce con il linguaggio della sua terra a raggiungere livelli inarrivabili dell’arte poetica. L’esperienza della guerra è invece narrata in “Spine e sciure” del 1928, raccolta che contiene probabilmente le poesie più riuscite del poeta e nella quale vengono rievocati con sofferenza gli anni della prigionia e del ricordo del proprio paese.
I versi del Cima sono semplici e misurati, ma allo stesso tempo riescono a cogliere i momenti e le circostanze nella loro oggettività attraverso quella saggezza contadina che esclude quasi autonomamente la semplice retorica. Non va dimenticata, poi, la sua intensa collaborazione con giornali locali come il “Foglietto” sul quale pubblica, in un numero speciale dedicato alla Madonna del Carmine, la poesia “U Càrmene” emblema della devozione dei Riccesi per la Madonna.
Di grande memoria collettiva i testi realizzati per le canzoni popolari musicate da artisti locali del tempo, che ancora oggi, a distanza di anni, vengono intonati dalla popolazione riccese come una sorta di inno cittadino come la celebre canzone “A Ricce”.
La sua morte prematura giunta proprio il giorno del suo compleanno, a quarantotto anni, lascia diversi lavori inediti, tra cui ricordiamo la raccolta “Frunne Sperte” le cui poesie però sono andate disperse. La critica, sia nazionale che regionale, è sempre stata concorde nel ritenere che l’autore abbia lasciato un’eredità artistica e culturale di indubbio valore e che egli rappresentasse per la storia letteraria del primo novecento del Molise un sicuro punto di riferimento.